mercoledì 6 ottobre 2010

Claudio Di ScalzoTellus Annuario. Tellus 26 "Vite con ribellioni". (Ristampa on line 3)

 



Ri-pubblico, on line, quanto scrissi per la mostra di Michaux a Livorno, alla Galleria Peccolo, poi anche nell'annuario Tellus 26, VITE CON RIBELLIONI, 2004. Fu per me un'esperienza molto "formativa" avere tra le mani i disegni e i dipinti dello scrittore  e pittore francese. Sono grato al gallerista, e amico, Roberto Peccolo, perché in 35 anni, ora 40, non solo ho potuto curare alcuni cataloghi di Maestri dell'arte contemporanea, ma soprattutto perché nello scambio con lui ho frequentato artisti, ho fatto viaggi all'estero, visitato altre gallerie  e musei, e avuto, di prima mano, tatto e contatto con il mondo dell'arte. Dove nasce, dove si crea, dove si svolge, spesso tra un cascinale o della Toscana o del sud della Francia, e una metropoli (Parigi o Kassel o Berlino), uno studio caotico, dopo una bevuta o una passeggiata. L'umanità  e i caratteri dei diversi artisti, e più sono grandi più spesso sono umani con fragilità, ossessioni, miserie, improvvise generosità. Possiedo così disegni e dipinti che non avrei mai potuto acquistare. Dediche, fotografie. Questa è stata la mia "scuola" e mia "piega".
Accio in un giorno d'ottobre, lontano da Piazza della Repubblica e dal mare. E anche da uno studio, dove tra tele e volumi, e sogni colorati e spersi, discutiamo per ore su di un artista, una mostra fatta o da inventare, e sui nostri anni "temerari" per poi raggiungere la trattoria dove si mangia il vero cacciucco!



QUEL LEGGERO TRAIT D'UNION FRA PAROLA E IMMAGINE


Henri Michaux scrive nel 1938 “Plume”. E questo mentre in Europa avanza la pesantezza cadenzata dell’acciaio guerresco fascista. Per capire le movenze del Michaux scrittore, e nel contempo la delicatezza del pittore con le sue chine e i suoi acquarelli, tanto simili al morbido rotolare delle gocce sui vetri, bisogna ricordare quel personaggio surreale che frequenta il sogno conservando per sé gli umori di una realtà capovolta eppure plausibile.
Michaux pittore si fa imprestare dal personaggio la leggerezza della piuma per la punta dei suoi pennelli. In questo modo, e usando il suo IO come trait d’union, riesce a dipingere scaglie della mappa – estremamente vasta perché universo parallelo – dove la parola e l’immagine si incontrano, si sfidano, si uniscono. Un trattino ardito come un acrobata volteggiante sopra al fondale che, da sempre, segno pittorico e parola hanno in comune.
Questo IO provvisorio di Michaux, invadente ed aereo, vince la scommessa sullo sposalizio, da tanti ricercato e da pochi raggiunto, fra la pittura e la scrittura. Ma l’artista ha un carburante speciale, un miscuglio di tecniche orientali, formidabili girini di creatività, poi gli scatti a strappi delle matite imbizzarrite, poi le improvvise curve di sinuose pennellate in sboccio: quasi il ribollimento ritmico di una tensione creativa primaria che vorrebbe oltrepassare, proprio perché episodio di un IO vocato a interpretare e coniugare esperienze diverse, il riquadro della tela e della carta.
Michaux riesce a consegnarci immagini che evocano quanto non può venire scritto, perché il vocabolario non ne contempla il lessico, e si fa aiutare dal fantasma della scrittura quando i suoi turbamenti e viaggi non può disegnarli.
Gli acquarelli, i meidosems, tanto pungenti ed elettrici, le macchie segniche che si disfano in rotazioni bizzarre, sono tutti pulviscoli di questa rappresentazione.
L’IO, trait d’union, fa vivere ai due amanti, IMMAGINEPAROLA, uno stato di continuo movimento che può infischiarsene dei termini di spazio e di tempo, proponendo uno degli esiti più alti e suggestivi dell’arte Autre.
Ecco che non c’è da stupirsi se chi si trova davanti ai dipinti di Michaux vede immagini sul punto di diventare parole e fantasmatici volti che stanno per tornare all’infanzia. (CDS, dal catalogo della mostra)



                                         



Henri Michaux nasce a Namur, in Belgio, il 24 maggio 1989. Quando nel 1927 comincia a disegnare, si sente come un tarlo che stia mettendo piume inutili. Compie viaggi con la stessa facilità con cui l’insonnia prepara le fantasie a occhi aperti. Lo vedono in America del Sud, in Asia, in Africa del Nord. In ogni luogo trova qualche santuario di parole da violare.
Pubblica “racconti di viaggio”. E’ prodigo anche quando, supino su qualche letto di fortuna, si rassegna a non avere ascoltatori. Gli abitanti che incontra sembrano naufraghi della sua memoria, che si divertono a inventare per lui accoglienze che non ci saranno. Ricorda i profumi e li cataloga secondo i mesi. Il suo spazio pittorico è la dimora dove ospita tutti gli incontri più o meno dissipati. La sua prima mostra avviene nel 1936. La moglie, che perderà nel 1948 per un incidente, ritorna nei suoi acquarelli. Se qualcuno gli chiede come, risponde che si aspetta lacrime colorate dalla morta. Negli anni cinquanta si stabilisce definitivamente a Parigi. La “scrittura calligrafata”, che pretende di avere inventato, si riproduce con liquidi torbidi e rischi di desolazione su molteplici tele. I suoi numerosi libri vanno di pari passo con la prodigiosa estensione dei segni.
Forse la sua frenesia appartiene a un unico grembo creativo. E difatti, provando la mescalina, è risucchiato da cunicoli molli e protettivi. Le gallerie e i musei si appropriano di questa continua risorgenza segnica, così
come le biblioteche catalogano i suoi titoli. Muore a Parigi il 19 ottobre 1984. E il suo atelier, visitato dalla luce radente del mattino, sembrerà un presepio abbandonato, dopo.
“Il poeta Flavio Ermini ha sfogliato il catalogo sulla mostra di Michaux”, mi confida Peccolo, “e all’istante ha deciso di illustrare con opere dell’artista il n. 65 di Anterem, Il perturbante, del dicembre 2002. Mi piacciono questi scambi fra la galleria e le riviste”.


Da 35 ANNI DI ESTETICI ED EROICI FURORI, (catalogo curato da Claudio Di Scalzo per i 35 anni della galleria - 1969/2004) in TELLUS 26, "Vite con ribellioni, rinomate e sconosciute"




 




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