mercoledì 28 aprile 2010

Claudio Di Scalzo detto Accio - Ugo Sentito: Trotskij il dandy nel 1905









“Conobbi Trotskij relativamente tardi, nel 1905, dopo i fatti di gennaio. Era arrivato a Ginevra da non so dove: tutte e due dovevamo parlare nel corso di una riunione convocata in seguito a quella catastrofe. A differenza di tutti noi, Trotskij vestiva allora con insolita eleganza, ed era molto attraente. L'eleganza e l'abitudine di rivolgersi a chiunque in modo distratto e condiscendente, davano un'impressione sfavorevole. Con antipatia estrema, guardavo questo giovane dandy accavallare le gambe e scribacchiare appunti per il discorso estemporaneo che avrebbe dovuto tenere alla riunione. Ma Trotskij parlò veramente bene” (Lunaciarskij, Profili di rivoluzionari, De Donato Editore 1967).

Di che colore saranno stati i pantaloni del futuro agitatore principe nei Soviet del 1905? Avrà letto Wilde e Baudelaire? Quando si pettinava che immagine rimandava di lui lo specchio proletario di qualche latrina?



- Sono Ugo
- Hai presente che ore sono?
- Ma se eri al telefono fino un minuto fa! E sono le 1,30
- Te non ti preoccupare di cosa faccio io a notte… vai avanti con Comunismo Transmoderno?
- Telefono per questo… Claudio
- E cioè?
- Intendo pubblicare una testimonianza su Trotsky nel 1905 e poi commentarla…
- Ma cosa vuoi commentare?
- Una testimonianza di  Lunaciarskij sul dandysmo di Trotsky
- E allora? Soltanto ad uno stranito come Lunaciarskij  poteva sembrare strano il dandysmo in un rivoluzionario ebreo nutrito di letture anche decadenti…
-Allora che faresti?
- Cavatela con degli interrogativi, anche semplici, che rimodellano la testimonianza in qualcosa di faceto. Sopra il dramma e sotto le tue domade da locco vecchianese..
- Accio...ma perché non vai a farti fottere!
- Clic




martedì 27 aprile 2010

Claudio Di Scalzo detto Accio: L’ultimo pensiero di Lenin










Claudio Di Scalzo detto Accio

 L'ULTIMO PENSIERO DI LENIN


Guardatemi. Con la mia morte prossima ventura - scriveranno sugli Ultimi giorni di Lenin - il comunismo avrà fine. Ma nel bel mattino di Russia quando tutto ricomincia come se niente fosse stato, oltre il funerale immenso e le lacrime dei compagni, entrerò nello stridore della storia, nel regno tetro della necessità degli uomini, miei amici, di avere un pensiero amico imbalsamato che pieghi con la forza la creatività comunista, e per i nemici di possedere il ninnolo chiodato con cui percuotere la fronte a chi non vuole più sfruttamento.

Sotto le stelle solitarie guardiane di quel che è, e non di più sulla terra, neppure se si chiama comunismo, io Lenin, ho il viso bianco di latte zuppato nella nebbia. E più non penso né dico altro nella mia paralisi.





  

lunedì 26 aprile 2010

Louis Auguste Blanqui: "Brevi scritti". A cura di Claudio Di Scalzo detto Accio










LOUIS AUGUSTE BLANQUI

a cura di Claudio Di Scalzo detto Accio


Sembra che la storia del movimento operaio e dei suoi protagonisti debba essere cancellata o quantomeno ignorata. Concorrono all'ampliarsi di questo cono d’ombra sabbioso, che somiglia ad un tumulo, ovviamente l’ideologia borghese, il post moderno scenografico-fiananziario-televisivo, ma anche quelli che sul movimento operaio hanno costruito carriere e posti di governo e conduzione di partiti, e che non sostengono seriamente l’albero su cui sono seduti, mentre civettano con i monitor e i media.

Se Oliviero Diliberto chiude un congresso affidandosi a “Viva l’Inter” c’è poco da sperare. Gli altri comunisti od oscillano alla ricerca di padri non del movimento operaio, tipo Gandhi, o si fanno nipotini di Bettino Craxi come Fassino con molto ritardo, o si ri-pubblicano libretti dei protagonisti come fa Il Manifesto, magari con l’introduzione di qualche esule che tromboneggia a Parigi alla Oreste Scalzone, immaginandosi ai tempi degli Editori Riuniti: carta invece per polverosi scaffali.

Gli editori cosiddetti di sinistra, come la Feltrinelli, che potevano dare in questa congiuntura circolazione ai nomi fondanti l'idea e la prassi della società ugualitaria, hanno abolito qualsiasi collana sul movimento operaio, con Karl Marx in testa. Ingratitudine massima verso chi ha funzionato da accumulazione capitalistica originaria per le fortune editoriali! Quando si dice l’ironia, eh! Allora Che fare?

Intanto offrire sul web spazio a biografie ed immagini e scritti di esponenti del socialismo e del comunismo. Un archivio in progress, una riserva idrica per le idee fresche, che magari verranno, da usare per il ribaltamento della società spettacolarizzata rinchiusa nelle maglie dolci, anche di Nutella e Coca-Cola, del capitalismo finanziario e acchiappatutto di corpi di cervelli di risorse naturali. Poi la letteratura e l’arte può contribuire (senza immaginazione inutile porre il Che fare? Avrebbero dovuto dire al compagno Lenin gli artisti o forse glielo dissero e finirono emarginati o con le tempie traforate da un proiettile come Majakovskij) iniziando, magari con lentezza guardinga e geometria da vecchia talpa, a capire che il socialismo e il comunismo e il movimento operaio che ne sventolò le bandiere è il “nostro” romanzo d’avventura, nostro di chi non si rassegna al dominio eterno del Capitale. E che come ogni buon romanzo avventuroso ha bisogno di capitoli e trame e sviluppi e nemici e vittorie e cadute.

COMUNISMO TRANSMODERNO è disposto ad ospitare contributi creativi sul rosso della rivolta. Arte e poesia rossa. Poetry and poem and RED ART.

Dopo Christian Albrecht, ecco Louis Auguste Blanqui, uno dei più avventurosi, trentadue anni complessivi in galera, sommosse, rivolte, libri dedicati al socialismo e alle stelle, sogni, mai pentito della sua carne sfilacciata nelle catene, un bel personaggio. Da ricordare. I suoi scritti sono poi discretamente attuali.









L’ECONOMIA POLITICA SENZA MORALE MARZO (MARZO 1870)

La sua indifferenza morale gli toglie ogni capacità di critica. La giustizia è il solo criterio vero nell'applicazione delle cose umane. Per lo scettico, sono soltanto tenebre. Vi cammina a tastoni, constata isolatamente gli oggetti con il tatto, ma non distingue nulla, non scorge né i dettagli né l'insieme. È un cieco volontario. Il suo scetticismo lo rende impotente. Non si può studiare una vitalità mutevole e perfettibile come una ma¬teria inerte e immutabile.
La giustizia è il fermento del corpo sociale. Non tenerne conto equivale a chiudersi la prospettiva, a privarsi della facoltà di capire. Si vede forse il presente, mai il futuro, nemmeno i suoi elementi.


LE CONQUISTE DELL’INDUSTRIA (GIUGNO 1870)

Ritornello dell'economia politica sui progressi della civiltà, le sue conquiste industriali, lo sviluppo progressivo del benessere materiale ecc.
Tutto ciò è al di fuori della questione. Le conquiste dell'industria non sono opera del capitale, ma dell'intelligenza. Bastiat* attribuisce al capitale il progresso dello spirito umano e dei lumi. È il sofisma cum hoc, ergo propter hoc.
Il pensiero ha creato una dopo l'altra le idee applicate dall'industria. Soltanto gli inventori hanno l'onore delle sue conquiste. Il capitale è il calabrone che s'impadronisce dei benefici. Lascia al lavoro del pensiero e delle braccia solo ciò che gli è impossibile sottrarre loro.
Sfruttatore, parassita, soffocatore, questa è la sua funzione nei secoli, e, poiché s'impadronisce di tutto, lo si proclama creatore di tutto!
Quando il medioevo metteva alla berlina l'audace, che aveva indossato una camicia, l'idea cristiana metteva alla gogna l'idea pagana della soddisfazione materiale.
Non era il pensiero d'eguaglianza che condannava il godimento conquistato con la privazione degli altri.
Tutte queste conquiste del benessere sono opera dell'intelligenza, non del Capitale che le ha sfruttate, che ne ha privato la massa a vantaggio della minoranza.

* Frédéric Bastiat (1801-1850), economista francese, libero scambista e anti-protezionista.


NOTA BIOGRAFICA

Nacque da una famiglia benestante (il padre era prefetto) che gli diede l'opportunità di studiare legge e medicina. Fervente repubblicano, contribuì alla cacciata del re Carlo X, nel 1830, durante la Rivoluzione di luglio; nel maggio del 1839, partecipò all'organizzazione di un'insurrezione che gli costò la condanna all'ergastolo, da cui però fu graziato nel 1847. Già da tempo si era “convertito” al socialismo.
Uomo d'azione più che elaboratore di teorie, egli era convinto che il proletariato potesse creare una società di liberi e di uguali solo mediante un'insurrezione guidata da una piccola minoranza ben organizzata e decisa ad imporre la propria organizzazione sociale. Blanqui dedicò la sua intera esistenza a questa causa, senza lasciarsi scoraggiare né dall'esilio né dalle pene carcerarie cui fu ripetutamente condannato.
Partecipò alla rivoluzione del 1848. Oppositore di Napoleone III fu nuovamente catturato, ma stavolta riuscì a sottrarsi alla galera andando in esilio in terra belga dove continuò incessamente la sua azione di propaganda politica.
Rientrato in Francia dopo la caduta di Napoleone III, e la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana, partecipò alla Comune di Parigi, me nel 1872 fu di nuovo imprigionato; condannato al carcere a vita, fu amnistiato nel 1879.
Dopo la sua ultima carcerazione Blanqui pubblicò, nel biennio 1880-1881, il giornale Ni Dieu ni maître, intelligente organo comunista dal titolo clamorosamente programmatico (“Né Dio né padrone”), tanto da diventare il motto di molti rivoluzionari negli anni a venire. La sua visione politica avrebbe influenzato fortemente il pensiero operaio (quello socialista e quello comunista dell'Ottocento, ma anche Lenin durante il 1917) al cui interno si sarebbe sviluppata una vera e propria corrente ispirata al pensiero di Blanqui, ossia il Blanquismo.


                                                 
                                                                   Blanqui in prigione



  


Christian Albrecht: Che cos'è un comunista. A cura di Claudio Di Scalzo detto Accio








           CHRISTIAN ALBRECHT: CHE COS'È UN COMUNISTA (1844)

a cura di Claudio Di Scalzo detto Accio



Questo breve scritto venne edito a Losanna per iniziativa dell'associazione locale dei lavoratori tedeschi, guidata da elementi comunisti quali August Becker e Simon Scbmidt, e frequentata pure da Christian Albrecht, soprannominato il Profeta Albrecht. Questi trovò ispirazione nel comunista Cabet perché ne tentò la traduzione di alcuni scritti. Il Profeta fu uno spirito bizzarro: nato ad Altenburg, in Sassonia, nel 1789, aveva trascorso in prigione circa sei anni a causa di agitazioni demagogiche; in carcere, per unica lettura, aveva avuto la Bibbia. Liberato, aveva incominciato a predicare una nuova riforma cristiano-comunista, scrivendo contemporaneamente parecchi libri che risentono della sua bonaria follia. Negli ambienti operai della Svìzzera era stimato e lo stesso Wilhelm Weitling lo apprezzava. Morì nell'ottobre del 1844.


PRIMA QUESTIONE

Perché sono comunista?

(Da Cabet: Io sono comunista!)

Comunismo è l'insegnamento della comunità, secondo il diritto naturale dell'uguaglianza: si vuoi fare di esso una cosa spropositata. Che è mai dunque questo comunismo?

Una dottrina, un sistema di filosofia, di morale, di reli¬gione, d'educazione e d'organizzazione sociale e politica.

Qual è la sua filosofia?

La più soave, perché ha per scopo il perfezionamento degli uomini e la felicità di tutti, attraverso l'amor fraterno.
Ma filosofia significa saggezza, e senno richiede sapere; cosi, infatti, col perfezionamento tutti diventeranno saggi e il sapere vivrà fra il popolo come verità, e quindi la saggezza, come una filosofia cosciente, diventerà retaggio del popolo.

Qual è la sua morale?

La più pura, poiché essa, attraverso lo sviluppo della ragio¬ne, per mezzo dell'istruzione, fa inaridire la fonte dei vizi e dei delitti. Morale è eticità: la ragione, purificata con una buona educazione, sarà veramente adatta a rendere buoni gli uomini, assai più di quanto non è avvenuto da millenni, allorché si ave¬va per conseguenza (e ancora si avrà) la promessa ricompensa nella vita ultraterrena dei preti o nel loro inferno o purgatorio, del tutto contro la ragione; assai più di quanto non abbiano dimostrato le prigioni, le carceri e i supplizi dei giudici e dei carnefici.

Qual è la sua educazione?

La più perfetta, perché contribuisce a sviluppare l'intelli¬genza in tutti gli uomini e ad accrescerne la dignità, da essi ricevuta dalla natura.
La nostra educazione attuale ha raggiunto questo scopo e sarà ancora in grado di raggiungerlo? No, poiché il predominio dell'inuguaglianza necessita di schiavi e quindi non si preoccu¬pa di mantenere i poveri lontani dall'ignoranza.

Qual è la sua religione?

La più elevata: infatti l'uomo, felice per l'uso della ragione, può soltanto essere riconoscente per le moltissime buone azioni della natura, da essa diffuse attorno a sé.

Quest'elevatezza è stata veramente raggiunta dalla religione in tutti i popoli? No, poiché la religione esclude dall'immaginaria beatitudine celeste e condanna tutti coloro che non appartengono alla sua setta o ad una setta vicina a lei, e pone tra loro odio e persecuzione; poiché essa non aiuta i poveri e i miseri, non protegge le vedove e gli orfani, perciò gli indigenti guardano verso il ciclo e, considerando la terra su cui vivono, devono imprecare contro la loro miserevole esistenza, mentre i loro ben nutriti preti e coloro che campano in sovrabbondanza sono servi del vitello d'oro, non del popolo, e quindi insegnano soltanto l'ingiustizia.

Qual è la sua organizzazione politica e sociale?

La più soddisfacente, in quanto essa, con una fratellanza generale, vuoi trasformare l'umanità in un'unica famiglia, sì che ogni membro è collegato al tutto per mezzo di un'associazione generale, con piena uguaglianza dei diritti e dei doveri e attraverso una costituzione, che garantisce al tutto e a ciascun singolo i pieni diritti e l'esistenza nell'appagamento di rutti i suoi bisogni. Il principio base è unico per la proprietà comunitaria, e tutta la terra diventa un singolo dominio (proprietà) comune, usato e sfruttato a vantaggio di tutti.
L'allevamento del bestiame è comune, per ottenere le migliori razze e il miglior accrescimento possibile. L'industria è pure comune. Ogni essere vivente è impegnato in un lavoro moderato in grosse aziende comuni o nella coltura dei campi e occupato nella cura del bestiame. Infatti, mediante la regolata distribuzione del lavoro, questo diventa facile per tutti, e quindi la produzione dei beni dell'agricoltura (e cosi di quelli dell'industria), con l'accrescimento senza limiti di macchine di ogni tipo, può venir decuplicata, sicché il singolo e la collettività siano ben nutriti, ben vestiti, alloggiati bene e in modo sano e ogni abitazione sia arredata con comodità e leggiadria.

La vita familiare è sacra e ciascuno può sposarsi e si sposerà, perché la formazione d'una famiglia è garantita e la sua esistenza è assicurata.
L'amministrazione dello Stato è costituita da una rappresentanza scelta fra tutti i cittadini da alcune migliaia di membri, e tutte le regioni, tutte le province e i comuni si rappresentano di nuovo in se stessi per mantenere l'ordine, per operare miglioramenti di ogni genere, per allontanare dalla società ogni miseria, ogni sofferenza, ogni male, per impedire delitti e per comporre liti. È soprattutto vostro compito ordinare il lavoro e l'occupazione di tutti con i comitati necessari per ciascun ramo di attività, con un cosidetto comitato di maestri, e con l'economia per ogni ramo e, data una certa quantità di lavoro e di misurazione, di eseguire la giusta divisione dei prodotti e di soddisfare tutti i bisogni.
I bisogni sono materiali e spirituali; perciò l'organizzazione deve in primo luogo preoccuparsi per le cose necessarie, poi per le cose utili e per le cose belle, con una buona istruzione e con interesse per la vita spirituale.

La volontà del singolo è sottomessa alla volontà del tutto; la volontà della nazione è subordinata alla volontà divina. Cosf una volontà muove il mondo. Cosi nella comunità l'uomo rìna scerà a uomo, e la comunità sarà la madre di tutti. La beatitudine di tutti farà sì che tutte le forze appartenenti alla natura umana, talenti e impulsi, si potranno esercitare, sviluppare e nei limiti della natura soddisfare, in modo armonico e in rapporti concordi, e così l'intera terra si trasformerà in un nuovo paradiso.
Questo è quanto vuole il comunismo, e perciò io sono comunista.


SECONDA QUESTIONE

Che cos'è quindi un comunista?

Un individuo puro, il quale, attraverso la ragione e l'amor fraterno, cerca di sollevare l'uomo alla dignità, che Dio gli ha attribuito e ch'egli certamente possiede, quale rappresentante della divinità. Cosf non si dovrà più parlare di comunisti, ma di uomini mondi, incorrotti, e ciascun essere buono e pensante opererà per rendere la dignità umana a coloro che sono ancora a lui inferiori.


* Traduzione integrale da: Christian Albrecht, Was ist ein Kommurtistì, Buchdruckerei von M. Ducloux, Losanna 1844 (l'opu¬scolo è posseduto dalla Schweizerische Landesbibliothek di Berna).



ALCUNI SCRITTI DI CHRISTIAN ALBRECHT

Das Buch der Volkerstämme oder das Licht über das Dunkel der Völker der Erde, S. Gallo, 1840.
Das Leben in der Gottheit, in der Wahrbeit, oder das Reich Gottes auf Erden..., S. Gallo, 1840.
Das Panier der Heere Gottes Jehovah, mit den Trompeten und Posaunen in den Natiotnen Abraham, Isaac und Israel, S. Gallo, 6005 [1840].
[Traduzione] Cabet, Das kommunistische Glaubens-bekenntniss, Vevey, Michod, 1842.
Der wahre Messias unserer Zeit, geprüft und erkannt an den einzig gültigen Kriterien heiliger Schrift von den Propbeten Albrecht, Berna, Jenni, 1842.