domenica 6 febbraio 2011

Riccardo Muti e Uto Ughi contro Giovanni Allevi. Doppia merda d’artista 14, 2009

   




La Merda d’Artista compare nella sezione Calamaro Gigante che sul giornale da me fondato e diretto Tellusfolio (2005-2009) si occupava, anche con altre collaborazioni di Politica e società. Il rimando nell’illustrazione, di questa rubrica, è alla celebre scatoletta di Piero Manzoni. Io inscatolo - e questa rubrica la riprenderò su COMPAGNA TELLUS (dove ne riproporrò la sequenza temporale per gli interessati navigatori) e sull’OLANDESE VOLANTE - la merda in forma di citazioni, discorsi, frammenti. A volte viene posta un’etichetta. Dunque un breve commento. A volte la merda è doppia.
La mostra, l’esposizione, di questa Merda d’Artista a mia firma ha ovviamente comportato qualche rischio e conseguenza su chi scrive. E sono sempre pronto a condividerne se c’è, in giro, la direzione espositiva con qualche amico o amica. Scopro tanta lillipuziana punzecchiatura su Facebook e on line,… ma la MERDA D’ARTISTA a firmarla impone un coraggio leggermente più ampio. E conseguenze da sopportare meno frivole.

La MERDA D’ARTISTA e stata esposta in progressione numerica e riguarda i seguenti soggetti defecanti: (MdA 1): Lucio Villari/Piero Melograni/Giano Accame; (MdA 2): Giorgia Meloni; (Mda 3): Barbara Palombelli/Massimo Cacciari; (MdA 4: Paolo Giordano contro Collodi; (MdA 5): Maurizio Gasparri; (MdA 6): Pietro Ichino; (MdA 7): Lucio Dalla; (MdA 8): Benedetto della Vedova; (MdA 9): Aldo Grassi; (MdA 10): Ignazio la Russa; (MdA 11): Rina Gagliardi-Luxuria; (MdA 12): Di Pietro Junior; (MdA 13): Monsignor Richard Williamson; (Doppia MdA 14): Riccardo Muti-Uto Ughi; (MdA 14): Giovanni Sartori; (MdA 15): Vaticano-PdL; (MdA 16): Pietro Ichino; (MdA 17): Sindaco leghista Cristiano Simone; (MdA 18): Piero Marrazzo;
Ripropongo quella doppia, del 16 marzo 2009, dedicata a Riccardo Muti e Uto Ughi. Esiste anche la Merda d’artista singola, n. 14, dedicata a Giovanni Sartori.
Altre rubriche simili che antologizzerò, (dedicate in genere alla Politica e alla cultura di massa con nomi e cognomi) su Compagna Tellus sono “Estate vomitevole”, "Autunno Demeziale”, "Ribollita interrogativa".  Claudio Di Scalzo detto ACCIO discalzo@alice.it


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Riccardo Muti e Uto Ughi contro Giovanni Allevi.
Doppia merda d’artista 14
16 Marzo 2009


Normalmente la “Merda d’artista” inscatolata su Tellusfolio ed etichettata è singola. Stavolta però facciamo un’eccezione perché la “merda” da maestri appartiene allo stesso genere, stesse viscere (anche politiche) e stesso bersaglio: il giovane compositore Giovanni Allevi. Attaccato velenosamente perché estraneo alla casta dei musicisti, perché sostenuto dal web e dai giovani. Intanto il primo maestro in “merda d’artista”, indimenticabile direttore autoritario della Scala, ha cenato in questi giorni, in casa Vespa, con Berlusconi, il cardinale Bertone e Gianni Letta, amabilmente impegnato a blandire per ricevere, magari, il podio stabile dell’Opera di Roma (con benedizione vaticana ovviamente e post-fascista alemanniana) e altre auree posizioni di potere. Il secondo sviolina in TV la sua magniloquente direzione dell’Associazione Uto Ughi per i giovani. Dimenticandosi dello scarso peso dato alla Classica dal “suo” governo di riferimento. Quando governava il primo Prodi, su Amadeus rivista di musica, se la prendeva con Luciano Berio poi diventato Presidente e Sovrintendente dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia a Roma, perché quest'ultimo faceva poco per la musica in Italia. Invece fu proprio sotto la sovrintendenza di Berio che anni dopo verrà inaugurato, nel 2002, il nuovo Auditorium Parco della Musica. Proprio un bel tipetto questo Ughi in ideologia e trilli stonati di Destra. Auguriamoci che Allevi continui nella sua geniale spettacolarizzata sbruffoneria epigonale che tanto fa “cacare” gli dei del podio imbacuccati nella intoccabile Tradizione.

Da TELLUSfolio: Calamaro Gigante, 16 marzo 2009
Claudio Di Scalzo detto Accio discalzo@alice.it


MERDA D'ARTISTA DI RICCARDO MUTI

«Io dico che un conto è Maurizio Pollini, altro conto è Giovanni Allevi. Ognuno deve fare il lavoro nel suo campo». (Dal Corriere della Sera, sabato 14 marzo 2008)


MERDA D'ARTISTA DI UTO UGHI


«Il suo successo è una conseguenza del trionfo del Relativismo: la scienza del Nulla. (Benedetto XVI docet, ndr). In altri tempi Giovanni Allevi non sarebbe stato ammesso al Conservatorio. Non ha alcun grado di parentela con la musica che chiamiamo Classica, né con la vecchia né con la nuova. Questo è un equivoco intollerabile!» (Dalla Stampa, 24 dicembre 2008)

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 GIOVANNI ALLEVI 
 WEBLOG TELLUSFOGLIO - 1 FEBBRAIO 2011








martedì 1 febbraio 2011

Claudio Di Scalzo l'Olandese - Glossa Carbone a: W Céline e abbasso l'Umanismo. Con notizia che Céline sarà sull'Olandese Volante


                        





Claudio Di Scalzo L'Olandese

GLOSSA CALIGINE  CARBONE

 a W Céline e abbasso l'Umanismo

(febbraio 2011)
   
La necessità di grattare via anche un solo francobollo dalla crosta presentabile-alienata del mondo, impone d'ascoltare le voci di angeli nerofumo-carbone-caligine come Céline che, agli angoli dell'esistenza culturale, dove pisciano i colti in congrega (C.A.G.A - CULTURA ASSORBENTE in GERARCHIA ASSISA)  in una delle tante carriere umanistiche per salvare (dicon scrivon cantan messa su di sé!) dall'orina dalle feci dal vomito: la filosofia-letteratura-arti-poesia dell'Homo accà du Femmina d'accostà,... conviene prender nota da questo Angelo Sfumato Nero su quanto di volgare, di orribile, di mostruosamente profumato ci sia dietro e sotto la melassa uniforme dell'umanismo, dell'amor col galateo che condanna ogni eccesso come neo tumorale, del partegiustismo, dell'edificante uso dei tropi della retorica dei miti della chiesa dell'ideologia... e così via diffuso da queste scimmie intruppate in qualche carriera esorbitante lor mezzi (stilistici  e psicologici)... ciò è un atto di fedeltà nei confronti della Solitaria Grande Arte del Novecento S.G.A.N., un tributo alla necessaria ansia di impresentabile (lo si ricordi) che la attraversa e, allo stesso tempo, la netta denuncia della maledizione che la opprime: trasformare tutto ciò che tocca in qualcosa di edificante, come se l’arte la letteratura la poesia dovesse servire a migliorare l’umanità... ah ah ah che idiozia bellebuona! che Stronzata-Bêtise (direbbe Flaubert! che Faraoni Scheletri Danzanti da Salon Caricatural ribadisce Baudelaire)... a proporre teorie salvififiche per sistemi politici e culturali dove ogni errore e bruttura sia redenta sotto la guida dei colti intellettuali dei colti politici dei colti lor mezzi (strumenti du Capital Schizoidal!) bastonanti i mostri nerofumo che a tal missione ridono in faccia.

Io rido in faccia a questi sozzi missionari - le bastonate cerco di schivarle se le becco le sopporto! - e son contento che Céline abbia scritto per me quanto bastava tanto che io possa limitarmi alla nausea e al ghigno verso tal génia di fottuti predicatori in rete su carta stampata su come dovrebbe sdipanarsi ogni cultura per vincere quanto chiaman irridimibile lordura.  E in questo febbraio 2011 ciò declamo come un Ti Amo.


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 W Cèline abbasso C.A.G.A

http://compagnatellus.blogspot.com/2011/02/claudio-di-scalzo-w-celine-abbasso-caga.html


Celebrare la Shoah per celebrare se stessi piangenti. W Céline!
Tellus 31 Antologia

http://compagnatellus.blogspot.com/2011/02/claudio-di-scalzo-celebrare-la-shoah.html




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prossimamente on line

DIREZIONE

CLAUDIO DI SCALZO



 

Claudio Di Scalzo: W Céline abbasso C.A.G.A. (Cultura Assorbente Gerarchia Assisa)






Claudio Di Scalzo

W Céline... abbasso C.A.G.A.



(...) poche voci si alzano a difendere gli Angeli Nerofumo come Céline. Ah beh!, si dice al massimo, era fascista e antisemita ma grande scrittore! Però uomo abietto! … e chi lo dice! Intanto verso la più abietta delle categorie che è la Cultura Assorbente in Gerarchia Assisa C.A.G.A. nel Quaranta come oggi (e per fortuna sempre più i direttori editoriali vengono dai supermercati e se merce ha da essere che la giudichino chi se ne intende di merci!) Céline fu un ribelle e tanti prodi rivoluzionari come Sartre e Camus santificarono il mestiere di scrittore-Redentore (Un Cristo basta ed avanza ed è inarrivabile!) per regnare su di un'intera cultura, la francese e colonie europee… poi faceva il medico gratis e ogni presenza di Sartre anche nel più modesto incontro, ne ricordo uno a Pisa nel 68 o giù di lì! costava un occhio della testa!... e poi Céline è morto tra la merda dei gatti e di altri volatili scatarrosi… e dimmi come crepi letterato e ti dirò se i tuoi libri restano!


(...)  I know my chickens, scrittori pittori poeti et similia, che per una prefazione, un rigo d'attenzione su imbalsamate riviste-testate fossili in carta, che per una plaquette, un reading in truppa pong ping con editore circense! un premiucolo! danno via via malloppi di euro! e orifizi! e altri buchi solitamente usati per altro! e che capitati sul Web e su Facebook si sono autonominati critici della Poesia on Line! con trattati poi riportati su carta da nessuno letti!... 

questi santi poi criticano Cèline! fanno i dottorini del distinguo! opere (carta e discanta) debosciatelli cresciuti con la dialisi di biblioteche allevate nei dottorati di ricerca o nell'esclusione rancorosa dallo scrittoio universitario e a saliva leccata su scranni di maestri arrivati lì per tessera di partito! proni al poeta in Einaudi che stanca e sbianca a cui apparir scimmiette ammaestrate del bon ton relazionale accanto nella mesta fotografia per Bacheca Facebook con l'orfico traballante in qualche incontro para-culato nei dintorni universitari! ahinoi (carta canta e discanta) debosciatelli! … 

Lasciate in pace la salma incorruttibile di Céline… che scriveva, grattandosi il mento, essendo selvatico e meticcio e cane antisemita, ma così voi non scriverete mai! anche se seguite cento corsi di narratologia,… e per questo state nella pisciopoesia!

Claudio Di Scalzo detto Accio


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CARMINA BURANA FINAL FANTASY

http://www.youtube.com/watch?v=b7gNEHSCCj0&feature=related


O FORTUNA TECHNO
version Longhorn SINGERS
   
http://www.youtube.com/watch?v=dRg5D8__Ruk&feature=related




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Claudio Di Scalzo: Celebrare la Shoah per celebrare se stessi piangenti. W Céline! Tellus 31 Antologia

 
  Regina Lippl: Illustrazioni per Tellus 18, 1998. Epoca della "Forma"



W Céline... abbasso C.A.G.A. 

Scopro in Rete ed in Facebook che ad ogni ricorrenza consegnataci dalla storia in tragedia, altissima tragedia - come la Shoah ehmm il Gulag ancora è silenziato così come i campi degli inglesi contro i boeri o dei Belgi in Congo o dei generali Custer contro gli Indiani - ogni soggetto con il suo orticello telematico si fa specchio di un pianto in forma di pixel e trafiletti e video e incaute traduttrici rilanciano gli umanisti e storicisti Sartre e Camus per magnificare un possibile comunismo non staliniano come se su questo non si fossero già smusati dai Situazionisti a Marcuse a Bloch! E cerca per questo visibilità come se la finestrella in campo elettronico fosse un filo spinato, una morte per inedia e frustate. Contemporaneamente poche voci si alzano a difendere gli Angeli Nerofumo come Céline. Ah beh, si dice al massimo!, era fascista e antisemita ma grande scrittore! Ma uomo abietto! … e chi lo dice! Intanto verso la più abietta delle categorie che è la Cultura Assorbente in Gerarchia Assisa C.A.G.A. nel Quaranta come oggi (e per fortuna sempre più i direttori editoriali vengono dai supermercati e se merce ha da essere che la giudichino chi se ne intende di merci!) Céline fu un ribelle e tanti prodi rivoluzionari come Sartre e Camus santificarono il mestiere di scrittore-Redentore (Un Cristo basta ed avanza ed è inarrivabile!) per regnare su di un intera cultura, la francese e colonie europee… poi faceva il medico gratis e ogni presenza di Sartre anche nel più modesto incontro, ne ricordo uno a Pisa nel 68 o giù di lì! costava un occhio della testa!... e poi Céline è morto tra la merda dei gatti e di altri volatili scatarrosi… e dimmi come crepi letterato e ti dirò se i tuoi libri restano!

Nel 1997-1998 indicavo nella Rete un passaggio per re-inventare l’Autore, in scrittura ed estetica. Per questo, conseguentemente, lasciai ogni carriera letteraria tradizionale dopo aver pubblicato in Feltrinelli “Vecchiano un paese. Lettere a Antonio Tabucchi" ritirandomi nella Rete dove da allora sto. Anonimo, con più nomi, con quello con cui firmo Scalzo e appiedato. Per questo posso scrivere di Céline in questa maniera e della “gerarchia” letteraria, di ogni gerarchia”! senza che qualcuno mi venga a rompere moralisticamente le palle con i distinguo etici! e storicisti, I know my chickens, scrittori pittori poeti et similia, che per una prefazione, una plaquette, un reading in truppa pong ping con editore circense! un critico trombone che ammaestra-santifica i poeti in cerca di carriera, un premiucolo! una antologizzazione in libro misconosciuto dove ogni buon gusto chiede aiuto!...  hanno dato via malloppi di euro! orifizi! e altri buchi solitamente usati per altro!  e che capitati di recente sul Web e su Facebook si sono autonominati critici  e interpreti della "migliore in tutte le ore!"... Poesia on Line! con trattati poi riportati su carta da nessuno letti!... questi poi criticano Cèline! fanno i dottorini del distinguo! opere (carta  e discanta) debosciatelli  cresciuti con la dialisi di biblioteche allevate nei dottorati di ricerca o nell'esclusione rancorosa dallo scrittoio universitario e a saliva leccata su scranni di maestri arrivati lì per tessera di partito! proni al poeta in Einaudi Bianca a cui aspirate apparir scimmiette ammaestrate del bon ton relazionale accanto nella  mesta fotografia per Bacheca Facebook se l'orfico traballa in qualche incontro para-culato nei dintorni universitari! opere (carta canta e discanta) debosciatelli! … o lasciate in pace la salma incorruttibile di Céline… che scriveva, grattandosi il mento, essendo selvatico e meticcio e cane antisemita, come voi, debosciatelli!, non scriverete mai anche se seguite cento corsi di narratologia,… e per questo state nella pisciopoesia!

Claudio Di Scalzo detto Accio




STRAPAESANO TELEMATICO

(…) Non c’è più un pensiero che valga dagli Urali a New York. L’evento della tecnica l’ha mandato in pezzi e ne impedisce la riformulazione. Ecco perché il marxismo è crollato, ecco perché l’idealismo è una scatoletta vuota sottospirito. Il nomadismo poi impone l’orizzontalità e il fare Rete. E di nomadismo rizomatico i signori delle lettere e delle arti non vogliono sentir parlare perché è anarchico e ovviamente non rende. Sono lì a fare le uova più o meno d’oro più o meno di rame. Su cosa scrivono? sul loro io lacerato. Che novità! o sui massacri del novecento – campi di concentramento e gulag soprattutto – ricamandoci un piagnisteo illustrato valido per le pagine similculturali di “Sette” o al peggio per “Gente”. Auschwitz accanto alle cosce tornite della signorina che si depila senza dolore. (…)  da " Antonio Tabucchi - Claudio Di Scalzo: Lo Strapaesano Telematico", Tellus 18, 1998. (Numero esaurito verrà riproposto su L'OLANDESE VOLANTE)




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On line terminate le implementazioni nuove...

DIREZIONE

CDS


 

TELLUS 31: Critica della Ragione Provinciale. Lo strapaesano telematico - Antonio Tabucchi/Claudio Di Scalzo -

        

                                                               1998 (numero esaurito)




Claudio Di Scalzo

Critica della Ragione Provinciale.
Lo strapaesano Telematico


Caro Massimo Marianetti o devo scrivere Antonio Tabucchi? (...) Nella tua lettera c’è la grammatica di una salda saggezza kantiana che sicu­ramente si mischia con l’andamento del tuo sguardo sul mondo. So che ti scriverò di getto. Prendermi per le corna sarà un esercizio che forse scom­paginerà la tua lettura delle Lettere Luterane. Straordinarie queste lettere, che tu citi ampiamente, per acutezza e paradosso, ma non le condivido. Io sono a favore della modernità o meglio ne accetto il passo lungo sul secolo perché i provinciali come me li ha libe­rati. Avrei forse potuto conoscere la cultura se non fosse arrivato il fiato moderno a scompaginare i carri di buoi, tanto stabili, e i fienili ricolmi? Ne dubito assai. E le canottiere sudate tanto da strizzarle e gli scaldaletto sotto le lenzuola per difenderci dalle pareti gelide non li rimpiango. E neppure le veglie al camino. Meglio la televisione e le ballerine seminude che ballano. Altro che parroco con la lista dei libri proibiti a misurarti il bollore! che se poi scappavi dalla canonica ritrovavi altri libri, proibiti proibitissimi, nella sezione con la falce e il martello. E so bene,che non ci sono più radici a meno di fantasticarne altre, di altret­tanto forti, diventando un adepto della destra nazional popolare o un caratte­rista folcloristico con la candela in mano in qualche fiera del fondamen­talismo ambientalista. La provincia è una sagoma vuota ma anche la città lo è. E nel movimento bascullatorio fra queste due identità si va e si viene mischiandoci a nostra insaputa. Le strade telematiche fanno il resto. Saint-Germain-des-Prés in Valchiavenna: un simulacro. Ma anche quello parigino lo è. Nella geofilosofia che io penso per illuminazioni, le comunità locali faranno i loro “racconti” contro o al posto (come dice Lyotard) dei “grandi racconti” idealistici e illuministici per rinnovare Comunità e Contratto. E per farlo bisogna sapere chi e che siamo stati. Rivendicare anche la selvati­chezza e come abbiamo preso la Parola. La geofilosofia è un’idea che io prendo dai selvatici novecenteschi, dove posso danzarci le mie inclinazioni al deleuzismo. E con essa il progetto di affidarmi a un pensiero “nomade”, “rizomatico”. Non c’è più un pensiero che valga dagli Urali a New York. L’e­vento della tecnica l’ha mandato in pezzi e ne impedisce la riformulazione. Ecco perché il marxismo è crollato, ecco perché l’idealismo è una scato­letta vuota sottospirito. Il nomadismo poi impone l’orizzontalità e il fare Rete. E di nomadismo rizomatico i signori delle lettere e delle arti non vogliono sentir parlare perché è anarchico e ovviamente non rende. Sono lì a fare le uova più o meno d’oro più o meno di rame. Su cosa scrivono? sul loro io lacerato. Che novità! o sui massacri del novecento – campi di concentramento e gulag soprattutto – ricamandoci un piagnisteo illustrato valido per le pagine similculturali di “Sette” o al peg­gio per “Gente”. Auschwitz accanto alle cosce tornite della signorina che si depila senza dolore. Raccontano i loro dolori fisici, i mestrui nevrotici, le indi­sposizioni amorose che calamitano altre indisposizioni. Sono tutti nipoti imbambolati di Sartre: ovvero di rivo­luzione e salotto: piatti ricercati e molotov imbottigliate a pensiero finto-­trasgressivo che i grulli dovrebbero conservare in biblioteche-cantine. A nessuno di loro viene in mente che l’artista deve diventare impresentabile. Rovistare negli sputi sotto a questo cielo della tecnica. Calcarsi tutte le alterazioni sullo sterno e poi da esse farsi mettere in cinta fino a ridurre il letto a un cimiciaio di sogni marciti. Per cosa hanno transitato la terra angeli come Rimbaud e Céline? Per finire nelle col­lane di saggistica dirette da signori che calzano scarpe che respirano? Invece, caro Massimo, abbiamo questi impet­titi filosofi del pensiero liofilizzato e importato e poi gli scrittori delle nuove generazioni che spiano dai tatuaggi ombelicali ai crack stradali e poi i destri sacerdoti di un brutalismo fiorito alla Pitigrilli. Accanto a questa con­grega, intenti a duettare come in ogni brava commediola putrescente, questa sì provinciale, ci sono i cattivi (quelli che tu indichi nei Pulp e nei Canni­bali) che si fanno il maquillage con i consigli del giovane (anch’esso) stu­dioso di estetica che sa tutto sul bric-a-brac di avanguardia più pubblicità. Questi ragazzi vogliono apparire come i loro più anziani dirimpettai (che però prediligono la carta stampata), ma scel­gono il volo alto sull’etere e l’abbrac­cio con il tubo catodico. Tutti e due i gruppi badano agli sghei. A questi figu­rini bisogna strappargli i peli lì dove fa male. E se non è possibile torcergli il sorrisino con le opere mettiamo un campo minato di silenzio fra noi e loro. Poi ridiamoci sopra. Ridere è un’arte. Rappresentiamoli con il comico ele­vato al cubo e questo genere pesan­tuccio leghiamolo ai loro piedi per farli affondare nella notte epigonale che cala sul secolo. Sarebbero ingoiati comunque ma forse è giusto accelerare la loro scomparsa. Poi, a galla fra le stelle, rimarranno quei dieci o più nomi che lo meritano veramente. Bel programma vero?, ma non è certo una scampagnata. C’è da giocarcisi la cer­vice!

Questo per dirti, caro Antonio-Massimo che la mia selva­tichezza non solo la rivendico ma la coltivo. E se in questa valle d’abeti zuppata nell’autunnale tramonto terra-siena bruciata, dalla mia Pisa dalla storta torre sempreverde, mi arriva alle orecchie il fastidioso zampognare anormale di un pastore dell’insegna­mento universitario sulla nobile “Rivi­sta dei Libri” (ottobre ‘98) che cerca di sfregiarmi con l’accusa infamante (?) di “strapaesano” cantore delle sangui­nose gesta di Lotta Continua (che Sofri rimanga murato vivo dicono le note più stridenti), io con questo belato allupato che annuncia l’irrimediabile inverno della critica ideologica univer­sitaria mi ci scaldo i polpastrelli del cuore e rivendico la mia identità di strapaesano telematico. Per me stra­paesano non è un’offesa. Uno scrittore selvaggio come Fabio Tombari ha scritto il più intenso bestiario italiano del novecento e Mino Maccari è un grande pittore. Non credi che il riflet­tere sul pozzo nero cosparso di corian­doli che è il novecento sia un esercizio spirituale degno? Ma qualcosa posso aggiungere per dirti che strapaesano oggi non vuol dire neppure scrivere romanzi picareschi ambientati in microscopici centri per recuperare il regionalismo crepuscolare o neoreali­sta o le minutaglie di Loria come fanno certi scrittori covati dalla rivista “Tran­spadana”. Questi scrittori, caro Antonio-Mas­simo, sono bandierine portate a secon­dare i venti del mercato librario: se andavi a Francoforte avresti potuto scoprire che contrapposti ai Pulp e ai Cannibali, che giustamente prendi in giro, stanno allevando una genera­zione di morettini spersi a Cesena. Definirmi strapaesano serve anche a non farmi incasellare. Non sarà mica un fascista di sinistra? sai con gli ex di Lotta Continua non si può mai sapere! (...)

A questi neocantori dell’idillio provinciale bisogna che dica, prima o poi, che la provincia bisogna consumarla fino all’ultima zolla e non recu­perarla e da qui raccontare l’esito della nostra appartenenza disertata che già nella parola Herkunft ha il suo doppio destino di appartenenza e prove­nienza. Naturalmente se queste intui­zioni figlieranno opere degne non so dirtelo. Forse sono nato per piantare alberi e ricavarne semi. Non mi lamen­terei di questo destino artistico. Ma ora basta con le campiture sull’idea di Pro­vincia. Voglio riservarmi un poco di spazio per la definizione globale di borghesi che dai, sulla scorta di Paso­lini, a tutti coloro che più o meno sono passati dalla bicicletta alla Punto, stu­diando nella scuola Media unificata. E anche qui scuoto il capo. Dissento. Non posso dirti con precisione a quale categoria economica appartenga, ma so con certezza che sono un rivoltoso e questo stato d’animo, ideale e pratico, sicuramente fa coppia in me con la sel­vatichezza. Se poi questa sia rivolta borghese o proletaria o sottoproletaria non me ne frega assolutamente nulla. Basta non diventare rivoluzionari. Quest’ultimi sono sempre stati contigui con il potere. Loro pensano che alla microfisica del potere si possa rispon­dere occupando a più non posso posti di potere. Si dicono liberali ma pen­sano sempre da marxisti ortodossi. Come vedi l’ex di Lotta Continua, pre­sente allora nei racconti di voi adole­scenti, non ha perso la voglia di andare contro i sistemi di sapere e di potere organizzati. Spero che questo rafforzi la tua stima per me e anche l’affetto. Salutami la “mia” Vecchiano e la torre Ghibellina. A volte, da qui, sento che le ombre dei vivi e dei morti che là si agitano, magari arruffate dal vento mediatico, continuano ad allattarmi. Scopro che oggi mi nutrono anche le Vespe urlanti in circuito perenne attorno a una statua di Garibaldi senza più spada. Intuisco che è una giostra, una delle tante, della postmodernità e non una corona di spine da cingere.


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(da TELLUS 18: "EPOCA DELLA "FORMA"", 1998. Editrice Labos Morbegno)


La rivista-annuario TELLUS  ha terminato la serie diretta da Claudio Di Scalzo con il numero 30 nel 2009.