lunedì 3 maggio 2010

Karl Marx: La “singolare” morale dell’economia politica. Biblioteca rossa 1 - a cura Claudio Di Scalzo

 



Ampia è la mia biblioteca domestica di libri sul Comunismo. Ma su tutti il Canone e cioè i libri di Marx. E utili antologie. Come questa pubblicata da Feltrinelli nel 1969. Curata da Iring Fetscher. Feltrinelli non ha più ristampato questa antologia formata da tre volumi. Marx e i marxisti, i comunisti, sono stati fonte di accumulazione originaria capitalistica per questa casa editrice, ma oggi si tira indietro; ed allora a far conoscere il Marx, compreso quello che propongo dai Manoscritti Economico-filosofici del 1844, non può che esser compito di COMUNISMO TRANSMODERNO e di altri blog interessati ad usare questo pensiero come forma di disvelamento dell’esistente e strumento di lotta egualitaria. Claudio Di Scalzo


LA SINGOLARE “MORALE” DELL’ECONOMIA POLITICA

Questa scienza della mirabile industria è parimenti la scienza dell'ascesi, e il suo vero ideale è l'avaro ascetico ma usuraio, e lo schiavo ascetico ma produttivo. II suo ideale morale è l'operaio che porta alla cassa di risparmio una parte del suo salario; e per questa sua idea prediletta essa ha trovato persino un’arte servile. Tutto ciò è stato portato sulla scena in forma sentimentale. L'economia politica è quindi, nonostante il suo aspetto mondano e lussurioso, una scienza realmente morale, la più morale dì tutte le scienze. La rinuncia a se stessi, la rinuncia alla vita e a tutti i bisogni umani, è il suo dogma principale. Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, al ballo e all'osteria, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti dipingi combatti, ecc, tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro, che né i tarli né la polvere possono consumare, il tuo capitale...
Cosi tutte le passioni e tutte le attività devono andare a finire nell'avidità di denaro. L'operaio può avere soltanto quanto basta per voler vivere; e può voler vivere soltanto per avere... (Manoscritti economico-filosofici del 1844, Einaudi, Torino, 1949, p. 139 sg.)

Ma se io chiedo agli economisti: forse che non ubbidisco alle leggi economiche, se traggo profitto prostituendo e offrendo in vendita il mio corpo alla voluttà altrui (gli operai delle fabbriche in Francia chiamano la prostituzione delle loro mogli e delle loro figlie la decima ora di lavoro, il che è letteralmente vero); oppure non agisco forse economicamente vendendo un mio amico ai marocchini (la vendita diretta degli uomini, come il commercio dei coscritti, ecc. si verifica in tutti i paesi civili)? Allora gli economisti mi rispondono: certamente tu non vai contro alle mie leggi; però, sta un po’ attento a quel che dicono la signora morale e la signora religione. La mia morale e la mia religione fondate sull'economia politica non hanno nulla da opporti, ma... Ma a chi mai io debbo più credere? alla economia politica o alla morale? La morale dell'economia è il guadagno, il lavoro, il risparmio, la sobrietà; ma l'economia politica mi promette di soddisfare i miei bisogni. L'economia della morale è la ricchezza in fatto di buona coscienza, di virtù, ecc; ma come posso essere virtuoso se non sono, e come posso avere una buona coscienza, se non so nulla? Nella natura stessa dell'estraniazione è fondato il fatto che ogni sfera mi presenti un criterio di misura diverso ed opposto, uno la morale, un altro l'economia politica; e infatti ognuna di queste due sfere rappresenta un modo determinato di estraniazione umana e fissa un ambito particolare di attività essenziale estraniata, (op. cit., p. 141 sg.)


     

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